Poche pratiche per regolarizzare gli stranieri: il lavoro domestico paga la situazione di incertezza

Poche pratiche per regolarizzare gli stranieri

Il provvedimento per la regolarizzazione di stranieri, la cui finestra si chiude il 15 agosto, non ha portato a risultati significativi nel settore del lavoro domestico. Dalle diverse sedi in Italia di Nuova Collaborazione, Associazione nazionale dei datori di lavoro domestico, dal 15 giugno ad adesso – giorni di chiusura degli uffici per la pausa estiva – sono state seguite poco meno di 500 pratiche.

In attesa dei dati

«Bisognerà aspettare i dati definitivi generali che saranno comunicati dal Governo – commenta l’avvocato Alfredo Savia, presidente nazionale di Nuova Collaborazione e della Fidaldo –. Il nostro, tuttavia, resta un osservatorio significativo del comparto. La situazione conferma l’incertezza in cui si trovano tuttora molti datori di lavoro, in assenza di un decreto interministeriale che non è mai stato predisposto per definire gli oneri economici e contributivi della regolarizzazione»  

Il provvedimento di regolarizzazione o “sanatoria”, come viene più comunemente definito, resta utile – secondo Nuova Collaborazione – per far emergere dalla clandestinità una moltitudine di persone che, pur contribuendo con il proprio lavoro alla crescita dell’economia del Paese e alle carenze dello Stato nell’ambito dell’assistenza alle famiglie, non è nella condizione di godere dei diritti e delle tutele messe a disposizione dei lavoratori dalle leggi dello Stato.

L’occasione mancata

«Purtroppo si tratta di una occasione mancata – precisa ancora l’avvocato Alfredo Savia – «se si considera che, uscendo dalla condizione di lavoratore in “nero”, il lavoratore straniero” regolarizzato” diventerebbe un contribuente di assoluta rilevanza anche sotto il profilo previdenziale e fiscale, contribuendo cioè a implementare le casse dell’Inps e dello Stato con l’Irpef versata».