Che effetti hanno avuto le sanatorie sul lavoro domestico?

Gli effetti della sanatoria per badanti, colf e babysitter
Quale scenario potrebbe determinare nel settore del lavoro domestico (e quindi per colf, badanti e babysitter) la nuova sanatoria per gli stranieri annunciata dal governo Conte?

Proviamo a ragionare con i numeri e con una approfondita analisi statistica che ci aiuti a capire che cosa è successo con le precedenti regolarizzazioni avvenute in Italia nel 2002, nel 2009 e nel 2012. Il testo che proponiamo è firmato da Cinzia Carota, ordinario di Statistica all’Università di Torino, e da Giulio Mattioni, del Servizio Attuariale dell’Inps e curatore del report annuale sul lavoro domestico in Italia. Per Nuova Collaborazione gli effetti di una sanatoria per colf, badanti e babysitter sono sostanzialmente positivi: con l’emersione del lavoro nero, non dimentichiamolo, si crea un vantaggio anche per le casse dello Stato. (R.N.C.)

Si riduce il divario tra italiani e stranieri: aumentano i datori di nazionalità diversa, cinesi soprattutto

Il ricco patrimonio informativo dell’Inps ha consentito la ricostruzione di una lunga serie storica sul lavoro domestico presentata durante l’ultimo convegno nazionale di Nuova Collaborazione nell’ottobre 2019. Qui approfondiamo. L’arco temporale analizzato inizia con il 1972, l’anno in cui, per i lavoratori domestici, scatta l’obbligo di iscrizione all’Inps. Per i successivi venti anni circa il lavoro domestico resta un’attività esclusiva delle donne italiane.

aumento lavoratori domestici stranieriA partire dalla metà degli anni 90 inizia a farsi sentire una prima forte offerta di lavoro straniera. Nel 1995, per la prima volta, i domestici stranieri superano per numero quelli italiani. Il primo grosso impulso al lavoro domestico straniero si deve alla Legge 189 del 2002 (la Bossi-Fini): il numero di lavoratori domestici stranieri, in un solo anno, quasi si triplica, passando da circa 147mila a oltre 430mila. Anche le sanatorie successive (D.L. 78 del 2009 e D.Lgs. 109 del 2012) fanno crescere ancora di più i lavoratori stranieri: nel 2012 sono 823.000 su un totale di 1.013.000.

Le impennate

In ciascuna sanatoria osserviamo una forte impennata nel numero dei lavoratori stranieri (è la linea rossa sul grafico) dovuta anche e in misura non trascurabile alla componente maschile (che tocca il 20% nella sanatoria del 2009). Le condizioni più favorevoli riservate alla regolarizzazione del lavoro domestico, infatti, spingono a utilizzare questo strumento anche per lavoratori che poi verranno impiegati in altre attività lavorative negli anni immediatamente successivi a quello di regolarizzazione. Al netto di questi movimenti strumentali, il lavoro domestico ha conservato nel tempo la sua caratteristica di lavoro pressoché esclusivamente femminile.

Di inedito dopo l’ultima sanatoria, a partire dal 2013, osserviamo nel grafico la progressiva riduzione del divario tra numero di lavoratori stranieri e numero di lavoratori italiani (è la linea blu). Spinti dalla crisi economica, gli Italiani tornano a scegliere il lavoro domestico e nel 2018 il loro peso si attesta quasi al 30% dei circa 859mila lavoratori complessivi, mentre l’assenza di nuove regolarizzazioni impoverisce il numero degli stranieri: solo pochi anni prima, nel 2012, costituivano oltre l’80% del milione di lavoratori di quell’anno. Rispetto al 2012, nel 2018 l’incremento di colf e badanti italiane a livello nazionale supera i 10 punti percentuali, ma in regioni come Campania, Molise e Sicilia raggiunge i 30 punti e in Calabria addirittura i 38.

Si riduce parallelamente anche il divario tra età media dei lavoratori domestici italiani e stranieri: nel 2018 la differenza è quasi sparita e si misura in mesi, giacché i due valori ammontano nell’ordine a 48,8 anni e 48,2 anni. Tuttavia, mentre l’età media degli italiani si era mantenuta stabile tra i 40 e i 44 anni per un trentennio per poi crescere lentamente ai livelli attuali, l’età media dei domestici stranieri, che nel 1996 era al di sotto dei 34 anni, risale lentamente fino ai 42 anni nel 2012 e solo a partire dal 2013 si riallinea rapidamente a quella degli italiani.

L’invecchiamento

Altro aspetto non tranquillizzante è l’invecchiamento dei lavoratori domestici misurato dalla quota di coloro che hanno 50 o più anni: dal 31% nel 2012 al 50% nel 2018. Ciò si deve anche alla riduzione del divario tra colf e badanti osservato in questi ultimi anni: dieci anni fa le colf costituivano circa i 2/3 sul totale del lavoro domestico, nel 2018 sono poco più della metà.

Rispetto alla zona di nascita dei lavoratori domestici stranieri è da notare che i primi flussi di un certo rilievo, che abbracciano tutto il periodo degli anni 90, riguardano prevalentemente lavoratori di nazionalità asiatica e in modo particolare lavoratori nati nelle Isole Filippine. A partire dagli anni 2000 invece sono i Paesi dell’Europa dell’Est a fornire quote massicce di lavoratori e in particolare Romania, Ucraina e Moldavia. Questi 3 Paesi forniscono, dal 2002 al 2012, il 70-80% della forza lavoro domestico straniera proveniente dai Paesi dell’Est europeo. In questi stessi anni cresce anche la quota di lavoratori stranieri nati nei Paesi asiatici e, oltre alle Filippine, si affacciano nuove nazionalità come India, Sri Lanka, Pakistan, Bangladesh e Cina.

La geolocalizzazione e le novità

Per quanto riguarda la dislocazione territoriale, circa la metà dei lavoratori domestici opera nelle regioni del Nord dove si concentra anche il maggior numero di lavoratori stranieri. Rispetto al passato tuttavia, nell’ultimo ventennio si è verificata una trasformazione profonda in primis nella diffusione e polverizzazione del lavoro domestico. Le province italiane con più di 10mila datori di lavoro domestico sono schizzate da sole 4 nel 1998 (Milano, Torino, Roma, Palermo) alle oltre 20 del 2018. Tutto questo è frutto dell’interazione di numerosi fattori demografici, sociali ed economici.

L’invecchiamento della popolazione e la trasformazione della struttura delle famiglie italiane hanno reso il lavoro di cura verso anziani e minori sempre più necessario. Ciò, unitamente all’aumentato desiderio femminile di trovare occupazione in ambito esterno alla famiglia e alla necessità di incrementare il reddito del partner, ha contribuito a creare le condizioni per una maggiore domanda di lavoro domestico a tutte le latitudini, in centri anche medio-piccoli, cancellando in larga misura il tratto elitario che per lunghi anni aveva caratterizzato i datori di lavoro.

Altro elemento di novità su questo fronte è la comparsa di una quota di datori di lavoro stranieri. Questa quota, che ha conosciuto picchi in corrispondenza di ogni sanatoria, è attualmente assestata intorno al 4% ed occupa spesso lavoratori della stessa nazionalità del datore di lavoro. Emblematico, in tal senso, il caso dei datori di lavoro cinesi che nel 2012, anno dell’ultima sanatoria, hanno occupato come datori di lavoro, quasi esclusivamente domestici cinesi (98,4%).

Cinzia Carota
Giulio Mattioni

Cinzia Carota è ordinario di Statistica all’Università di Torino.
Giulio Mattioni, della Direzione nazionale Inps, è il responsabile del report annuale dell’Istituto nazionale di Statistica dedicato al lavoro domestico in Italia.

Questo studio è stato presentato al Convegno nazionale di Nuova Collaborazione che si è tenuto a Torino nell’autunno. Ne presentiamo ora una versione completa, messa a punto e risistemata in questi mesi, che – tra l’altro – è di fresca attualità.
La professoressa Carota è attualmente al lavoro per costituire all’interno di Nuova Collaborazione un Centro studi per analizzare il lavoro domestico da un punto di vista statistico, sociologico, giuridico ed economico.
Ne faranno parte, oltre al dottor Mattioni dell’Inps, altri docenti universitari e ricercatori.